Il parto pretermine rappresenta una condizione clinica patologica dell’ostetricia rilevante sia per le problematiche di natura economico-sociali, sia per i risvolti clinici e medico-legali. Secondo l’OMS, si definisce pretermine il parto che avviene prima delle 37 settimane complete di gestazione (36+6 settimane), indipendentemente dal peso del neonato (1).

Il parto pretermine rappresenta il primo motivo di ricovero nei reparti ostetrici ed è causa del 75% della mortalità e morbilità neonatale (2). I bambini nati prematuramente infatti, presentano un rischio più elevato di manifestare paralisi cerebrale, deficit sensoriali, difficoltà di apprendimento e malattie respiratorie rispetto ai bambini nati a termine.

Parto pretermine, una tendenza in aumento

L’OMS stima che ogni anno 15 milioni di bambini nel mondo nascono pretermine. Tale tendenza globale è in aumento (3). In Europa ogni anno si stimano 500.000 nati prematuri (un bambino su dieci).

L’incidenza complessiva del parto pretermine oscilla tra il 5% e il 10% dei nati vivi con un tasso di parti in donne al di sotto della 32° settimana di gestazione del 2%, responsabili del 35-75% delle morti neonatali (4, 5). Il 6,9% dei nati in Italia, più di 30.000 all’anno, sono pretermine secondo i dati SIN 2021 (6).

I nati prematuri contribuiscono a più del 50% delle morti in epoca neonatale e a circa il 40% di quelle infantili. La mortalità neonatale è inversamente proporzionale all’età gestazionale della donna (7) passando dal 99% di mortalità alla ventiduesima settimana di gestazione (momento considerato incompatibile con la vita autonoma neonatale), allo 0,2% (2 su 1000 nati vivi) per il parto a termine (8). Ogni giorno di vita intrauterina trascorso aumenta il tasso di sopravvivenza.

Il concetto di tempo inteso come settimana di gravidanza e come tempestività e velocità di intervento diventa importantissimo…

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