Giovanni Monastra a,b, Simona Dinicola a,b e Vittorio Unfera a,b
a Systems Biology Group Lab, Roma, Italia
bThe Experts Group on Inositol in Basic and Clinical Research (EGOI), Roma, Italia
Introduzione

Gli inositoli (Ins), appartenendo al gruppo degli zuccheri alcolici (polioli ciclici o esa-idrossi-cicloesani), appaiono come cristalli bianchi, inodori, con un lieve sapore dolce. Sono solubili in acqua e insolubili nell’alcool puro e nell’etere. Essi sono resistenti al calore, agli acidi forti e alle basi. In questo gruppo di composti, il myo-inositolo (myo-Ins), che ha una struttura molto simile al glucosio, è il più importante e più diffuso, riscontrabile ubiquitariamente in quasi tutti i sistemi biologici. L’inositolo è un fattore di crescita essenziale per molte cellule in coltura. Inoltre, i suoi derivati e in particolare gli inositoli fosfati, svolgono funzioni fisiologiche cruciali [1,2]. Il primo studio scientifico sull’inositolo risale alla metà del diciannovesimo secolo, quando il medico e chimico tedesco Johann Joseph Scherer pubblicò un articolo che descriveva un esa-idrossi-cicloesano ottenuto da cellule muscolari, chiamato “inositolo”. Questo nome deriva dal greco antico [in- (“sinew, fibra”), -ose (che indica un carboidrato), -ite (“ester”), -ol (“un alcool”)] [3]. Solo molti anni dopo, il chimico e fisiologo vegetale francese Léon-Gervais-Marie Maquenne, definì la struttura dell’inositolo purificandolo inizialmente dalle foglie e successivamente da una grande quantità di urina di cavallo ridotta in seguito a bollitura [4-6]. Successivamente, il chimico svizzero Theodore Posternak, famoso per la sua lunga e approfondita ricerca sull’inositolo, fece luce sulla struttura tridimensionale del myo-Ins. La scoperta degli inositoli fosfati si deve a lui e risale a circa un secolo fa. Inoltre, egli identificò l’acido fitico come maggiore deposito di fosfati organici nei semi [7, 8].

In questo paragrafo, sarà descritta qualche informazione generale sull’attività dell’inositolo, utile per cogliere i punti essenziali di questo argomento così complesso. Quasi tutti gli inositoli esercitano un’attività insulino-mimetica e un effetto insulino-sensibilizzante sebbene con diversa efficacia. Essi, però hanno anche altre attività fisiologiche importanti come la promozione dell’ovulazione e della fertilità. Diversi inositoli attraversano la membrana attraverso due co-trasportatori accoppiati ai cationi (sodio e idrogeno), diventando componenti del metabolismo cellulare. È inoltre importante tenere a mente che gli inositoli possono anche agire attraverso le vie di segnalazione. Questo però avviene solo quando queste molecole si uniscono a uno o più gruppo fosforici, formando gli inositoli fosfati, che hanno uno specifico recettore intracellulare capace di trasdurre il segnale [9-17].

L’evoluzione degli inositoli

Da un punto di vista dell’evoluzione, il myo-Ins è una molecola molto antica e la sua biosintesi è considerata un meccanismo conservato nel tempo. Il myo-Ins è apparso molto precocemente e può essere definito un composto prebiotico “Ur” [18] dato che era già presente nell’era prebiotica. Differentemente dai polioli aciclici e zuccheri riducenti, il myo-Ins mostra una grande stabilità. Infatti, la sua struttura chimica lo preserva dalla degradazione causata dall’alta temperatura o dall’ossidazione. Chiaramente queste caratteristiche sono state necessarie per affrontare e resistere alle condizioni ambientali estreme che si verificavano durante la comparsa della vita. Alcune speculazioni convincenti [19] collegano l’evoluzione delle funzioni fisiologiche svolte dall’myo-Ins con quelle del fosforo, che in forma di fosfato, gioca un ruolo chiave negli esseri viventi. Quindi, il fosfato potrebbe essere stato incorporato prima nelle molecole primitive. Come suggerì Saiardi, si dovrebbe guardare retrospettivamente alle molecole ricche di fosfato presenti oggi nelle cellule. La raffinata associazione che collega l’inositolo, il fosfato e i ruoli degli inositoli fosfati nella regolazione dell’omeostasi cellulare del fosfato, suggerisce che il myo-Ins e i suoi derivati potrebbero aver giocato un ruolo nel processo prebiotico di utilizzo del fosfato.

Grazie alla sua stabilità, il myo-Ins fosfato rappresenta il miglior candidato per la prima molecola organofosfato. La possibile sintesi prebiotica degli inositolo-pirofosfati potrebbe aver portato alla formazione di composti chimici ad alta energia, già utilizzati nei primi processi di trans-fosforilazione [19]. Tuttavia, sebbene molto promettenti, siamo ancora sul piano delle ipotesi. È stato scoperto che molti Archea producono e usano gli inositoli [20], anche per procurarsi il soluto termoprotettivo di-L-Ins-1,1’-fosfato, una molecola che svolge il ruolo di osmolita negli Archea ipertermofilici [21]. Secondo Michelle [1] sembra che i primi Archea sintetizzassero myo-Ins dal glucosio-6 fosfato e che lo utilizzassero come fosfolipide di membrana all’inizio della loro evoluzione [1]. Tutti gli organismi che producono inositolo usano il myo-Ins monofosfato sintasi, che è rimasto conservato durante l’evoluzione (spesso abbreviato come Ins3P sintasi o MIPS) [2, 22, 27]. Infatti, anche la maggior parte dei genomi degli Archea codificano per l’enzima Ins3P sintasi e molti di essi incorporano l’inositolo prodotto all’interno della loro caratteristica membrana glicolipidica formata da sn-1-fosforil-2,3-dietere [28]. Il successivo passo evolutivo avvenne quando la capacità di sintetizzare il myo-Ins fu acquisita dagli eucarioti attraverso un meccanismo di trasferimento genico orizzontale. Ben presto, gli eucarioti, stabilirono funzioni ubiquitarie per i fosfoinisotidi nel traffico di membrana e nella sintesi dell’inositolo polifosfato. Infine, circa 1000 milioni di anni fa, i canali del Ca2+ recettori del Ins (1,4,5)P3 e il ruolo del messaggero Ins (3,4,5)P3 emersero da una diversificazione funzionale negli amebozoi e nei metazoi [1]. Nei batteri, invece, è stato trovato uno scenario differente. Infatti, i batteri, sfruttano principalmente gli inositoli come fonte di carbonio; tuttavia, solo alcuni sintetizzano questi composti e li utilizzano.

Questo piccolo gruppo di batteri, comprende i Thermotogae ipertermofilici, che usano il di-L-1,1’-fosfato per sopravvivere in ambienti estremamente ostili. Infatti, il limite superiore della temperatura di crescita per il genere Thermotoga è 90°C. Questi batteri, insieme agli Acquificae, mostrano le temperature più alte di crescita, finora conosciute. Un altro gruppo che usa il myo-Ins sono gli actinomiceti che comprende la specie di micobatteri e che sfrutta il micotiolo, un tiolo contenente inositolo, come agente intracellulare ossidoriducente. Anche i batteri hanno acquisito per trasferimento genico orizzontale il gene che codifica per l’enzima Ins3P sintasi dagli Archea. È importante notare che piante, insetti, pesci di fondale e cellule del tubulo renale in condizioni di stress, sono in grado di affrontare e superare cambiamenti ambientali, producendo e accumulando diversi derivati degli inositoli. Gli eucarioti utilizzano i derivati del fosfatidilinositolo (PI) per la segnalazione cellulare, la regolazione e per le proteine ancoranti la superficie cellulare. Da notare, che il centro del diradilglicerolo degli archea e i glicerolofosfolipidi eucariotici e procariotici hanno una configurazione a specchio: rispettivamente sn-2,3 e sn-1,2 [1]. Infine, sembra che il fosfotidilinositolo 3-fosfato (PI3P) è stato il primo lipide polifosfoinositolo ad apparire durante l’evoluzione [29].

L’attività del myo-Ins e dei suoi stereoisomeri

Nella sua forma libera, il myo-Ins si comporta come osmolita agendo nella citoprotezione; da un punto di vista evolutivo questa è anche la sua prima funzione fisiologica. In tal senso, i ruoli di questa molecola includono la compensazione osmotica, la stabilizzazione proteica e la prevenzione del congelamento, quando la componente acquosa dei tessuti raggiunge basse temperature [30]. Il D-chiro-inositolo (D-chiro-Ins), uno stereoisomero del myo-Ins, è un altro inositolo di grande interesse. La produzione endogena di questi due stereoisomeri varia a seconda delle specifiche necessità del tessuto [31]. Ad esempio, nelle donne sane, il loro rapporto nel plasma è 40:1 [32], mentre nel fluido follicolare ovarico è circa 100:1 [33]. In generale, esistono sette stereoisomeri del myo-Ins, che si formano naturalmente (scyllo-, muco, epi-, neo-, allo-, D- e L-chiro-inositolo), attraverso diversi enzimi isomerasi e un cis-inositolo, la cui esistenza in natura non è conosciuta [34].

Circa il 7% – 9% di myo-Ins viene trasformato in D-chiro-Ins come dimostrato dal composto 3H-radiomarcato; invece, gli altri stereoisomeri sono presenti in basse quantità, non più del 0.06% del totale del myo-Ins radiomarcato [35]. Alcuni distretti corporei, come il cervello, il cuore e le ovaie utilizzano grandi quantità di glucosio; per questa ragione loro mostrano un significativo contenuto di myo-Ins rispetto ad altri tessuti [36]. Per esempio, il cervello contiene livelli di myo-Ins da 10 a 15 volte più alti del sangue [37]. Il D-chiro-Ins è ottenuto dal myo-Ins attraverso una reazione unidirezionale. L’enzima chiave che catalizza questa reazione è l’epimerasi, un enzima tessuto-specifico e nicotinamide adenina dinucletotide (NAD)-NADH- dipendente, che lavora sotto lo stimolo dell’insulina [38]. In questo modo, ogni organo e tessuto sfrutta il rapporto specifico e appropriato che c’è tra il contenuto di myo-Ins e D-chiro-Ins, necessario per mantenere le condizioni fisiologiche [39].

Controllo della glicemia

Uno dei ruoli più importanti esercitati dal myo-Ins e dal D-chiro-Ins riguarda la regolazione della glicemia. Entrambi gli stereoisomeri esercitano un’attività insulino-mimetica ma hanno anche un’attività efficace contro l’insulino-resistenza [31, 40]. I glicani contenenti D-chiro-Ins (IPG-P), indirizzano il metabolismo del glucosio verso la sintesi del glicogeno, mentre i glicani contenenti myo-Ins (IPG-A) lo indirizzano verso il suo catabolismo. Tuttavia, è molto difficile separare drasticamente le singole attività, in quanto i due stereosiomeri sono metabolicamente collegati. Il myo-Ins, come inositolo 1,4,5-trifosfato (InsP3), aumentando l’attività del piruvato deidrogenasi (PDH), induce la glicolisi e il ciclo di Krebs che portano alla sintesi di adenosina trifosfato (ATP) e quindi a un miglioramento dell’utilizzo del glucosio [41]. Il myo-Ins sembra esercitare i suoi effetti in funzione della concentrazione di glucosio nel corpo. Esso, infatti, a livello intestinale, interferisce con l’assorbimento di glucosio e riduce l’aumento di glucosio nel sangue [42]. Inoltre, il myo-Ins migliora l’insulino-sensibilità negli adipociti attraverso l’aumento della capacità di immagazzinamento dei lipidi, l’assorbimento di glucosio e la prevenzione della lipolisi [43]. Il myo-Ins agisce anche attraverso l’espressione del recettore γ attivato dai proliferatori dei perossisomi (PPAR-γ), un recettore nucleare di tipo II (proteina regolante l’espressione genica), che controlla un vasto numero di vie metaboliche nella quale il myo-Ins è coinvolto. PPAR-γ, insieme alle forme α e β, è considerato il maggiore regolatore dell’adipogenesi.

Nell’uomo, il PPAR-γ è maggiormente espresso nel tessuto adiposo e meno nel tessuto muscolare scheletrico, nel colon e nei polmoni [44]. I geni target del PPAR-γ sono coinvolti nel metabolismo del glucosio [45], nella differenziazione degli adipociti e nel deposito dei lipidi [46]. Nel fegato, il PPAR-γ contribuisce all’omeostasi dei trigliceridi e protegge gli altri tessuti dall’insulino resistenza [47] e dall’accumulo di trigliceridi [48]. Inoltre, down-regola la risposta infiammatoria, principalmente nei macrofagi, probabilmente attraverso l’inibizione dei fattori di trascrizione pro-infiammatori (e.g. STAT, NF-κB e AP-1) [49]. Il myo-Ins inoltre induce la traslocazione alla membrana plasmatica dei trasportatori GLUT4, che sono espressi in vescicole intracellulari, portando a un aumento dell’assorbimento di glucosio e una conseguente diminuzione dei suoi livelli nel plasma in condizioni di iperglicemia [50-51].

Questo effetto mima l’azione dell’insulina, in quanto anche l’insulina induce la traslocazione dei GLUT4 dal reticolo endoplasmatico alla membrana plasmatica per stimolare l’assorbimento di glucosio nelle cellule muscolari scheletriche [52]. Il danneggiamento di questa attività causa insulino-resistenza [53]. Il myo-Ins, inoltre, può supportare direttamente l’attivazione del substrato del recettore dell’insulina (IRS) e di Akt [54]. In aggiunta, il myo-Ins riduce il rilascio di acidi grassi liberi dal tessuto adiposo attraverso l’inibizione dell’adenilato ciclasi [39, 55]. Anche il D-chiro-Ins causa la traslocazione dei GLUT4 alla membrana plasmatica [56] ed è coinvolto nella stimolazione del PDH [57, 58]. In più il D-chiro-Ins aumenta i livelli di mRNA e l’espressione delle proteine IRS2, PI3K e Akt attraverso l’aumento dell’espressione della proteina p-Akt e la diminuzione dei livelli di GSK3β [59].

Tutti loro sono elementi essenziali nella trasduzione del segnale dell’insulina e di altri ormoni. Josef Larner e i suoi colleghi, furono i primi a suggerire che l’inositolo giocasse il ruolo di mediatore dell’insulina [58, 60, 61]. Questo gruppo di ricercatori isolò e purificò due glicani contenenti D-chiro-Ins e myo-Ins e quando somministrati in vivo, osservarono che queste molecole mostravano proprietà insulino-mimetiche. E in particolare, i glicani, quando somministrati per via endovenosa, hanno diminuito l’iperglicemia in modo dose dipendente, in ratti con diabete indotto dalla streptozotocina, mentre, quando somministrati per via intraperitoneale, hanno stimolato l’incorporazione del glucosio marcato nel glicogeno nel muscolo diaframmatico dei ratti [62]. In esperimenti indipendenti, anche John Nestler insieme ai suoi collaboratori confermò l’attività insulino-mimetica dei glicani contenenti D-chiro-Ins (chiamato INS-2) nelle cellule della teca ovarica umana [63, 64]. Osservarono che sia l’insulina che il D-chiro-Ins inducevano la biosintesi del testosterone, un effetto che veniva prevenuto dall’utilizzo di un anticorpo contro questi glicani. Altri gruppi mostrarono che gli inositoli derivanti dai fosfolipidi, come InsP3 [65], InsP2 [66] e InsP7 [67] agivano attraverso un controllo allosterico sulla via di segnalazione dell’insulina.

La riproduzione umana

Gli inositoli svolgono una funzione essenziale nella fisiologia della riproduzione femminile e maschile e non solo nel controllo della glicemia. Nelle donne, il myo-Ins (come InsP3) è uno dei secondi messaggeri dell’ormone follicolo stimolante (FSH), e perciò, è coinvolto nella regolazione della proliferazione e maturazione delle cellule della granulosa. Grazie a questo ruolo, il myo-Ins modula la produzione dell’ormone anti-Mulleriano (AMH) e conseguentemente determina la maturazione dell’ovocita, il suo trasporto nell’ovidotto e assicura anche la formazione di embrioni di buona qualità [68]. Come menzionato precedentemente, le ovaie sono caratterizzate da uno specifico rapporto myo-Ins/D-chiro-Ins di circa 100:1, che garantisce le loro migliori condizioni fisiologiche. Ravanos e i suoi colleghi dimostrarono che i livelli di myo-Ins nel tratto riproduttivo di una donna sana dovrebbero essere sostanzialmente più alti di quelli del D-chiro-Ins, sopportando così il suo ruolo importante nelle ovaie. In condizioni di omeostasi, il rapporto ovarico myo-Ins/D-chiro-Ins varia da 70:1 a 100:1. Infatti, concentrazioni più elevate di D-chiro-Ins impattano negativamente sulla qualità della blastocisti e dell’oocita [69]. Quindi, qualsiasi eccesso di D-chiro-Ins deve essere assolutamente evitato, anche in considerazione dell’influenza che questo stereoisomero esercita sulla steroidogenesi, un’area di ricerca che dovrebbe meritare una considerazione maggiore rispetto a quella ricevuta fino a oggi. Infatti, sia il myo-Ins che il D-chiro-Ins hanno un grande impatto sul pool di androgeni e di estrogeni con serie conseguenze negative nel caso di uno sbilanciamento del loro rapporto.

Oggi sappiamo che il D-chiro-Ins stimola la produzione ovarica di androgeni da parte delle cellule tecali. Nel 1998, Nestler dimostrò per primo che il D-chiro-Ins aumentava le concentrazioni di testosterone nelle cellule della teca, in donne con PCOS [70]. Recentemente, un nuovo studio indicò che il D-chiro-Ins regolava direttamente l’espressione di geni che codificano per enzimi coinvolti nella steroidogenesi nelle cellule della granulosa umana e in particolare, in modo dose dipendente, riduce l’espressione dei geni sia dell’aromatasi che del citocromo P-450 scc [71]. Alla luce di queste evidenze è possibile affermare che il D-chiro-Ins riduce i livelli di estrogeni senza bloccare completamente la loro biosintesi. Su queste premesse, è stato ipotizzato che il myo-Ins e D-chiro-Ins, nonostante abbiano caratteristiche chimiche simili, giochino in molti casi ruoli fisiologici differenti. In particolare, considerando gli effetti sull’attività dell’aromatasi, si è ipotizzato che il myo-Ins agisca in maniera opposta rispetto al D-chiro-Ins. Un rapporto più alto myo-Ins/D-chiro-Ins potrebbe quindi aumentare l’attività dell’aromatasi nella granulosa, inducendo la sintesi degli estrogeni, mentre sappiamo che un rapporto più basso stimola la produzione di androgeni nelle cellule della teca. Come menzionato precedentemente, infatti, il myo-Ins (nella forma del InsP3) è il secondo messaggero dell’FSH, che è ritenuto essere il maggiore stimolatore dell’attività dell’aromatasi nelle cellule della granulosa [72, 73]. Inoltre, il myo-Ins potrebbe modulare la steroidogenesi ovarica attraverso la riorganizzazione delle proteine del citoscheletro [74]. In conclusione, concentrazioni elevate di D-chiro-Ins promuovono la sintesi di androgeni, mentre la riduzione del myo-Ins inficia lo stato energetico degli ovociti, compromettendo la via di segnalazione dell’FSH e la qualità dell’oocita [69].

I fosfolipidi myo-Ins-derivati

Le cellule eucariotiche utilizzano lo scheletro del myo-Ins per generare diverse molecole segnale, che giocano un ruolo chiave in processi fisiologici essenziali, precisamente quando la cellula affronta fattori di stress esterni [75]. Per fare questo, le cellule assemblano gruppi fosfato sui sei atomi di carbonio dell’anello dell’inositolo. I fosfolipidi myo-Ins-derivati o gli inositoli fosfati (InsPs) come InsP2, InsP3, InsP4, InsP5 e InsP6, sono prodotti dalla fosforilazione di uno o diversi gruppi ossidrilici. La maggior parte di queste molecole non sono presenti nelle cellule di mammifero mentre invece possono essere trovate nelle piante. Il myo-Ins è in assoluto la molecola più utilizzata per sintetizzare i fosfolipidi; tuttavia, alcuni fosfoatidil-scillo-Ins o fosfoatidil-chiro-Ins possono essere sporadicamente trovati nelle cellule vegetali e animali [1, 76]. Tutti i processi biologici sfruttano l’eccezionale diversità dell’organizzazione strutturale degli inositoli fosforilati. I fosfati possono formare tre diversi legami covalenti con l’inositolo: il legame fosfoestere, fosfodiestere e fosfoanidride, ognuno dei quali conferisce alla molecola caratteristiche chimiche differenti [77].

Le numerose forme derivate includono i sopra menzionati InsPs, i fosfoatidilinositoli, i fosfoatidilinositidi [fosfoatidilinositolo-fosfati (PIPs)], glicosil-fosfoatidilinositoli (GPI) e molti altri derivati come gli inositolo fosfoglicani (IPG) e Ins eteri ed esteri [78]. Lo studio delle loro attività fisiologiche è complicato da alcuni fattori [75]: sono rappresentati da una moltitudine di forme (solo gli inositoli monofosfati hanno 63 possibili isomeri) e partecipano, anche come secondi messaggeri, in un gran numero di vie metaboliche e di segnalazione (in particolare per il loro coinvolgimento nel metabolismo del Ca2+). Nel complesso, gli InsP trasmettono i segnali per una varietà di fattori di crescita, ormoni e neurotrasmettitori [79]. Comunque è possibile schematizzare dicendo che il myo-Ins e i suoi derivati, e in particolare i fosfati InsP3 e InsP6, esercitano ruoli fisiologici in diversi gruppi tassonomici [1, 80, 81], tra cui la regolazione della permeabilità dei canali ionici [12, 16 82-84], dei livelli di fosfato [85], del flusso metabolico [86, 87], il controllo della trascrizione, trasporto e traduzione del mRNA, riparazione del DNA [10, 88], via di segnalazione dell’insulina, sviluppo embrionale [10] e risposta allo stress [89]. Il myo-Ins è anche un componente dei fosfatidilinositoli presenti nella membrana [90]. Quindi è da notare che queste piccole molecole segnale prendono parte a una fine regolazione di un vasto numero di attività cellulari. Gli esseri umani possono produrre gli InsP dalla defosforilazione di più molecole fosforilate, come InsP6, attraverso specifiche fosfatasi e/o attraverso l’idrolisi di fosfoinisotidi [91, 92]. Piante e protozoi li ottengono attraverso la fosforilazione diretta del myo-Ins da parte una chinasi specifica [93, 94], un enzima assente nelle cellule dell’uomo. Infatti, in seguito alla stimolazione, la fosfolipasi C metabolizza il PI(4,5)P2 in due molecole: il secondo messaggero intracellulare diacilglicerolo (DAG) e l’inositolo 1,4,5-trifosfato (InsP2 o IP3). Il DAG attiva la protein chinasi C (PKC), mentre l’InsP3 gioca un ruolo essenziale nel rilascio del calcio dal reticolo endoplasmatico (ER) al citosol e ai mitocondri, regolando così il metabolismo e il destino della cellula [91, 92, 95, 96]. Questo rilascio è stimolato dal legame dell’Ins(1,4,5)P3 al suo recettore, costituito da 3 diverse isoforme di tipo I, II e III [82, 97]. InsP3 regola la proliferazione cellulare e altre reazioni cellulari che richiedono il calcio libero, come ad esempio, la contrazione delle cellule muscolari. Dopo il consumo del Ca2+ intracellulare, la ricostituzione delle sue riserve avviene attraverso un processo chiamato ingresso capacitativo del Ca2+.

L’inositolo (1,4,5)P3 ha un’emivita breve all’interno della cellula [98] ed è rapidamente metabolizzato a myo-Ins libero e inositolo (1,3,4,5)-tetrafosfato (Ins(1,3,4,5)P4 o InsP4) [99]. Inoltre, altri InsP e difosforil InsP (chiamato inositolo pirofosfato o InsP) sono stati trovati all’interno delle cellule [100]. A oggi, possiamo dire che InsP regola ogni aspetto della fisiologia cellulare [77]. Il riciclo di InsP da una serie di InsP-fosfomonoesterasi per rigenerare il pool intracellulare di myo-Ins libero, è un meccanismo cruciale, in quanto esso rappresenta la fonte principale di myo-Ins durante la stimolazione endocrina. Le cellule preservano attivamente le riserve di InsP4, dato che animali nutriti con una dieta priva di InsP6 hanno dei livelli invariati di InsP4 e una evidente riduzione di InsP6 e InsP5 [101]. Inoltre, simili risultati sono stati ottenuti nella muffa, dove la deprivazione di myo-Ins non impatta significativamente sui livelli di InsP4 [102]. InsP4 comprende un gruppo di diversi isomeri: 3,4,5,6-InsP4, 1,4,5,6-InsP4, 1,3,4,5-InsP4 e 1,3,4,6-InsP4. I primi tre regolano rispettivamente i canali ionici del cloro, l’acetilazione degli istoni e la via di segnalazione del calcio [10, 103]. In aggiunta, il myo-Ins e il D-chiro-Ins contribuiscono alla formazione delle ancore glicosil-fosfatidilinositoli (GPIs) e degli inositoli fosfoglicani (IPGs) che sono possibili secondi messaggeri dell’azione dell’insulina nella via GPI/IPG [55]. La stimolazione da parte dell’insulina causa l’idrolisi dei lipidi GPI situati sullo strato esterno della membrana cellulare. Questo a sua volta permette il rilascio degli IPG contenenti myo-Ins o D-chiro-Ins.

È da sottolineare che gli IGP sono profondamente coinvolti nel metabolismo intracellulare, in particolare attraverso l’attivazione di enzimi chiave che controllano il metabolismo ossidativo e non ossidativo del glucosio. Gli IPG contenenti D-chiro-Ins o myo-Ins migliorano in maniera significativa il metabolismo del glucosio, diminuendo l’insulino resistenza (IR) [104]. Alcuni studi hanno dimostrato che i non fosfoglicani, come il pirofosfato difosfoinositolo pentafosfato, o InsP7 e il fosfatidilinositolo 5-fosfato, o PI5P, sono capaci di modulare il metabolismo del glucosio. Infatti, InsP7 è necessario per l’esocitosi dei granuli contenenti insulina dalle cellule β del pancreas [105], mentre PI5P mima gli effetti dell’insulina permettendo la traslocazione dei GLUT4 sulla superficie delle cellule, aumentando l’assorbimento di glucosio [106].

Le fonti naturali di inositoli

Quantità adeguate di myo-Ins possono essere introdotte con la dieta. È stato riportato che gli esseri umani adulti ne consumano approssimativamente 1 g al giorno sottoforma di diversi composti biochimici [78]. Infatti, il myo-Ins è presente nella dieta sia nella sua forma libera sia come fosfolipide contenente inositolo in alimenti di origine animale o negli alimenti di origine vegetale, come acido fitico (inositolo-esafosfato o InsP6) o fitati. I cereali e i legumi contengono alte concentrazioni di InsP6 (0.4% – 6.4%), che è la principale forma di conservazione di fosforo nei semi. Un’altra forma può essere trovata nei depositi di sali “fitati” di K+, Mg2+, Ca2+, Mn2+ e Zn2+ [1, 10]. Nel regno vegetale, esso è stato trovato anche in altri tessuti e organi della pianta come il polline, le radici, i tuberi e i turioni. L’InsP6 si accumula durante lo sviluppo del seme e si scompone in inositoli fosfato più semplici durante la germinazione. Il citosol di quasi tutte le cellule di mammifero contiene sia InsP6 e sue forme meno fosforilate (InsP1-5) sia il myo-Ins. La fonte maggiore di myo-Ins sembra essere l’acido fitico, uno dei composti alimentari bioattivi più interessanti grazie ai suoi effetti anticancerogeni, antiossidanti e anticalcificanti. I derivati del myo-Ins costituiscono la riserva maggiore di fosforo in diversi tessuti vegetali.

A questo proposito, si richiama l’ipotesi della teoria evoluzionistica che collega myo-Ins e fosforo. Le fitasi e le fosfatasi batteriche sono responsabili principalmente della digestione dell’InsP6 assunto con la dieta, alla quale segue il rilascio di myo-Ins e fosfato [107, 108]. Il fabbisogno alimentare potrebbe essere altamente dipendente dall’età del consumatore, dall’uso prolungato di antibiotici o dalla frequenza di assunzione di caffè (più di 100 mg al giorno sono approssimativamente equivalenti a due caffè espresso) [109]. Inoltre, noi dovremmo considerare che fino agli anni 70, l’acido fitico veniva rimosso da molti alimenti. Infatti, in condizioni di mal nutrizione, questa sostanza, a causa della sua struttura molecolare, si comporta da anti-nutriente in quanto dà luogo a composti insolubili complessati con cationi divalenti (con capacità chelante), come il ferro, il calcio e lo zinco, riducendo la loro biodisponibilità [110]. Tuttavia, l’effetto anti-nutriente dell’acido fitico si manifesta solo quando una grande quantità di questa sostanza viene consumata contestualmente a una dieta povera di elementi essenziali per la dieta umana. Infatti, un’alimentazione non bilanciata o una denutrizione può portare a gravi carenze, condizioni di particolare importanza nei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, questa non è una condizione dei paesi occidentali, dove il termine “anti-nutriente” riferito all’acido fitico, è ormai superato. Nei paesi industrializzati, le proprietà benefiche dell’acido fitico sono molto importanti, anche in considerazione del grande problema dato dalle malattie della nostra civiltà. Perciò, seppur controverso, è possibile ipotizzare che nei paesi industrializzati i consumatori di una dieta povera di alimenti vegetali potrebbero soffrire di una carenza relativa di acido fitico e di conseguenza dei suoi derivati a causa del suo ridotto contenuto nella dieta [111, 112]. Ci sono pochi studi sulle fonti naturali di inositoli. Il primo è stato effettuato da Clements e Dornell [113], i quali osservarono che la quantità di myo-Ins differiva significativamente tra gli assortimenti alimentari ma anche all’interno di ciascuno di essi. Il latte, infatti, presentava un contenuto relativamente basso di myo-Ins. Tra le verdure, il contenuto più alto è stato trovato nei fagioli mentre quello più basso negli ortaggi a foglia. In generale, la verdura fresca conteneva livelli più alti di myo-Ins rispetto ai prodotti congelati, inscatolati o senza sale. Una quantità estremamente alta di myo-Ins è stata ritrovata nel melone di Cantalupo e negli agrumi (escluso i limoni). Il pane integrale mostrava più myo-Ins del pane bianco, mentre tra i cereali, l’avena e la crusca ne contenevano di più dei cereali derivati dagli altri tipi di grano. Gli autori inoltre osservarono una considerevole variazione del contenuto di myo-Ins nelle verdure amidacee.

Anche la carne e il grasso mostravano dei livelli relativamente bassi di myo-Ins. Dallo studio emerse quindi che gli alimenti costituiti da semi (fagioli, grano e nocciole) garantivano la maggior quantità di myo-Ins nella dieta, mentre altri cibi ne contenevano solo una modesta quantità. È importante sottolineare che, nello studio di Clements e Darnell [113], inoltre, la maggior parte dei partecipanti definiva la dieta ad alto contenuto di myo-Ins, molto gradevole. Uno studio recente [114] ha proposto nuovi dati sul contenuto di myo-Ins sottoforma di acido fitico, specificatamente, il myo-Ins esafosfato. In questo studio, l’acido fitico è stato quantificato nelle nocciole (sulla sostanza secca), ed è stato rilevato in un intervallo percentuale compreso tra è 0.2% – 9.4%, un contenuto più alto è stato ritrovato nelle mandorle (9.42%) e nelle noci (6.69%). Mentre in percentuali diverse è stato quantificato nell’olio di semi (0.4%-5.7%), nei legumi (0.2%-2.4%) e nei cereali (0.04%-3.3%). Per un’alimentazione sana, si dovrebbe tenere a mente che nei cereali, la maggior parte dei fitati sono nello strato aleuronico, lo strato più esterno dell’endosperma, seguito dallo strato interno amidaceo dell’endosperma. L’endosperma invece, è quasi privo di fitati [108] e questa è la ragione per cui i cereali integrali contengono più fitati che i cereali raffinati.

La sintesi endogena e il catabolismo dell’inositolo

I primi studi sulla sintesi endogena di inositolo, eseguiti negli anni 60, hanno evidenziato che i testicoli, il cervello, il rene e il fegato di ratto sintetizzano inositolo a partire dal glucosio [115-117]. La ricerca di Clements e Diethelm [118] ha provato a valutare la velocità di produzione dell’inositolo in vivo, nel rene dell’uomo. È stato stimato che un rene normale può sintetizzare in modo endogeno circa 2 g al giorno. Questo significa che il corpo umano, nel quale sono presenti due reni, produce almeno 4 g di inositolo al giorno, che eccede ampiamente la quantità giornaliera assunta con la dieta ( ̴1 g).

Anche altri tessuti possono dare un contributo alla produzione endogena di inositolo nell’uomo e negli animali. Infatti, il cervello di coniglio sintetizza in situ a partire dal glucosio approssimativamente la metà dell’inositolo libero, mentre la restante parte proviene dal sangue [119]. Tutti i myo-Ins biologici sono prodotti da un solo tipo di enzima e cioè l’Ins3P sintasi, come precedentemente menzionato [27]. Il principale enzima citoplasmatico [120] è il cicloaldolase NADH-dipendente, che converte il metabolita centrale e ubiquitario, glucosio-6-fosfato, passando per l’intermedio 5-ketoglucosio-6-fosfato, in Ins3P (che è sinonimo di L-myo-inositolo-1-fosfato e D-myo-inositolo 3- fosfato) [1].

Una volta prodotto Ins3P viene poi defosforilato dall’enzima inositolo monofosfatasi (IMPA-1 o IMPasi) per dare myo-Ins libero [28]. In aggiunta a questa via, sono emerse altre vie che portano alla formazione di inositolo libero, sfruttando in particolare la defosforilazione dell’InsP3 e InsP2 [121]. Il catabolismo del myo-Ins inizia con il clivaggio dell’anello che dà origine all’acido O-glucuronico e dopo altri passaggi metabolici all’oxilolosio-5-fosfato che entra nella via dei pentoso-fosfati. Il catabolismo del myo-Ins avviene principalmente nel rene; infatti, negli animali sottoposti a nefrectomia, la sua degradazione è compromessa portando ad anomalie significative del metabolismo del myo-Ins e a un’alta concentrazione del plasma di questa molecola [122].

Il sistema di trasporto dell’inositolo

L’assorbimento di inositolo può avvenire attraverso un processo di diffusione passiva quando questa molecola è altamente concentrata. Tuttavia, il meccanismo principale è un sistema molto complesso di trasportatori che si trova nei batteri, nei protozoi, nei funghi, nelle piante e negli animali. Questo sistema di trasportatori gioca un ruolo essenziale nell’assorbimento intestinale e nell’assorbimento cellulare selettivo dal circolo ematico e permette di ottenere una distribuzione intracellulare disomogenea di myo-Ins, D-chiro-Ins e molecole simili. Per fare questo, il passaggio e la conservazione di inositolo avvengono contro il gradiente di concentrazione che prevede quindi un meccanismo di trasporto attivo, scoperto per la prima volta da Caspary e i suoi collaboratori [123]. Questo processo rimane inalterato in seguito a un’elevata assunzione di calcio con la dieta [124] ma viene significativamente ridotto dall’assunzione di glucosio e altri zuccheri [125-128]. Come Schneider descrisse nella sua review magistrale [129], partendo dai primi anni 90, nuovi studi permisero di capire meglio come funzionava il trasporto di inositolo. I ricercatori trovarono due tipi di trasportatori: Na+-accoppiato e H+-accoppiato. Il primo trasportatore Na+-accoppiato che è stato identificato era responsabile dell’accumulo del myo-Ins nelle cellule renali canine esposte a un terreno ipertonico. La proteina mostrava un’elevata somiglianza con i trasportatori Na+/glucosio [130].

Successivamente, lo stesso tipo di trasportatori è stato scoperto nel ratto [131], nell’uomo [132] e nel topo [133] e fu chiamato SMIT1 dopo la caratterizzazione di un secondo trasportatore dell’inositolo Na+-accoppiato [132], conosciuto come SMIT2. Entrambi i trasportatori sono localizzati nella membrana plasmatica [135] e i geni che codificano per i trasportatori degli inositoli Na+-accoppiati hanno un pattern di espressione simile. Il gene codificante SMIT1 è stato riscontrato nel rene, nel cervello, nella placenta, nel cuore, nel muscolo scheletrico, nel polmone e nelle ossa [132, 136, 137]. Il gene che codifica per SMIT2, invece, è altamente espresso nel rene, nel cuore, nel muscolo scheletrico, nel fegato, nella placenta, nella milza, nei leucociti e debolmente espresso nel cervello [138, 139]. Inoltre, è stato anche trovato nell’intestino tenue [140] e negli ovociti [141]. Il trasportatore SMIT1 ha una preferenza per il substrato myo-Ins con una Km=55 µM [142]. Coady e i suoi colleghi dimostrarono invece che SMIT2 si lega al D-chiro-Ins come al myo-Ins con un valore di Km rispettivamente di 130 µM e 120 µM [138]. Gli stessi autori ipotizzarono che il myo-Ins fosse il substrato fisiologico del trasportatore SMIT2 in quanto la concentrazione di D-chiro-Ins nel plasma è piuttosto bassa [138]. Entrambi i trasportatori hanno una bassa affinità per il glucosio (Km ̴50 mM per lo SMIT1 e ̴30 mM per lo SMIT2) [138, 140, 142, 143]. Il D-chiro-Ins può competere con il myo-Ins per il trasporto mediato da SMIT2. È stato osservato che sia nei fibroblasti umani in coltura che nelle cellule MDCK (Madin-Darby canine kidney) isolate dal tessuto renale di un cocker spaniel femmina adulta, la diminuzione della regolazione dell’attività della protein chinasi C aumenta il trasporto di myo-Ins, mentre l’attivazione della protein chinasi A lo diminuisce.

Questa scoperta indusse a considerare che l’assorbimento di inositolo fosse regolato a livello post-traduzionale dalla fosforilazione [144, 145]. Il secondo tipo di trasportatore dell’inositolo, chiamato HMIT perché H+-accoppiato, è stato identificato nel 2001. Esso è un simporto H+/myo-Ins con una Km=100 µM. Anche lo scyllo-, chiro- e muco-inositolo ma non glucosio e fruttosio, utilizzano il trasportatore HMIT [146]. HMIT è prevalentemente espresso nel cervello e in misura minore nel tessuto adiposo del rene [146] e negli ovociti [141]. A proposito del trasporto attivo del myo-Ins negli ovociti, esso è stato caratterizzato per la prima volta negli ovociti maturi di topo nel 1994 da Pesty e i suoi colleghi [147].
Come già evidenziato precedentemente, il sistema di trasporto attivo è molto complesso e articolato e permette la compartimentalizzazione e l’accumulo degli inositoli nelle specifiche aree del corpo, una condizione essenziale per mantenere un corretto equilibro fisiologico dell’organismo.

I livelli di inositoli nel plasma e nei tessuti

Le concentrazioni fisiologiche di myo-Ins circolanti nel plasma degli adulti sono comprese tra 13 µM e 43 µM [113, 148-152]. Nell’utero, i livelli di myo-Ins presenti nel plasma fetale all’inizio del suo sviluppo sono da 2 a 10 volte più alte e diminuiscono gradualmente giungendo al termine [153]. Non c’è nessuna differenza significativa tra la concentrazione di myo-Ins nel plasma e nel sangue intero [154, 155]. Invece si osservano delle differenze nei livelli di D-chiro-Ins tra l’uomo e la donna, che sono rispettivamente compresi tra 0.15 µM e 0.90 µM [152] e tra 0.33 µM e 9.8 µM [151]. Inoltre, dai primi anni 60, è ben noto che alcuni organi immagazzinano selettivamente il myo-Ins [155]. Certamente, il deposito selettivo presente in diversi tessuti è fortemente dovuto al trasporto attivo del myo-Ins, contro gradiente di concentrazione. Negli animali da laboratorio (ratto, maialino della Guinea e coniglio) i livelli di myo-Ins libero presenti in tutti i tessuti, sono molto al di sopra di quelli osservati nel plasma. Infatti, anche se con variazioni significative tra le tre specie analizzate, il myo-Ins nella corteccia renale, nei testicoli, nelle ovaie, nella tiroide, nella adenoipofisi e nella milza è circa 10-100 volte maggiore rispetto ai rispettivi valori riscontrati nel plasma [154, 156, 157]. Il tratto riproduttivo maschile, insieme con l’epididimo e il fluido vescicolare e prostatico è ricco di myo-Ins libero [158].

Concentrazioni elevate di myo-Ins, estremamente maggiori rispetto a quelle del plasma, sono state riscontrate anche nello sperma dei mammiferi [159]. Anche nel cervello, nel liquido cerebrospinale e nel plesso coroideo i livelli di myo-Ins libero sono più alti di quelli del plasma. Nel fegato, nel muscolo e nel cuore, invece, il myo-Ins è principalmente presente nella sua forma complessata con i fosfolipidi [160] a differenza del rene, del piccolo intestino e del cervello in cui sono stati osservati alte concentrazioni di myo-Ins libero. Durante l’allattamento, il latte materno contiene una quantità considerevole di myo-Ins [161-163] e una sua deprivazione nei lattanti causa una deficienza in diversi tessuti, a eccezione del sistema nervoso. Infatti, in conseguenza di una dieta priva di myo-Ins, si è osservato nei neonati una riduzione significativa dei livelli di myo-Ins libero nel plasma, nei testicoli, nel cristallino, nel fegato, nel cuore, nei polmoni, nel rene e nel piccolo intestino rispetto a quelli ritrovati nei neonati nutriti normalmente. La quantità di myo-Ins invece è rimasta inalterata nei tessuti nervosi in seguito a una carenza nutrizionale [164]. Questa evidenza ha mostrato che il tessuto nervoso è l’unico ad avere assoluta necessità di myo-Ins e che per questo ha un sistema di sintesi endogena in grado di assicurare il giusto apporto.

Gli inositoli: dalla fisiologia alla fisiopatologia

Come menzionato precedentemente, i livelli fisiologici dei due principali inositoli, myo- e D-chiro-Ins, sono strettamente collegati da un processo di conversione catalizzato da uno specifico enzima. Infatti, in seguito allo stimolo dell’insulina, l’epimerasi, un enzima tessuto-specifico converte myo-Ins in D-chiro-Ins a seconda delle necessità del tessuto stesso [38]. Questa reazione unidirezionale fa sì che ogni organo e tessuto benefici di uno specifico e appropriato equilibrio tra questi due stereoisomeri, assicurando così funzioni metaboliche corrette e un conseguente stato fisiologico [57]. In condizioni patologiche di insulino-resistenza, la diminuzione della sensibilità all’insulina in molti tessuti, porta a una ridotta attività dell’epimerasi e conseguentemente a una più bassa produzione di D-chiro-Ins [38, 40, 165]. Paradossalmente, le ovaie, differentemente da molti tessuti, possono mantenere la loro normale sensibilità insulinica. Per questo motivo, la condizione sistemica di iperinsulinemia compensatoria stimola molto l’attività dell’epimerasi in questi tessuti, causando un’eccessiva produzione di D-chiro-Ins a discapito del myo-Ins [166]. Perciò l’insulino-resistenza è responsabile o alternativamente contribuisce, all’alterazione del rapporto myo-Ins/D-chiro-Ins, e potrebbe spiegare quelle condizioni patologiche associate a questo tipo di disturbi metabolici, come ad esempio la PCOS [167]. Infatti, lo sbilanciamento del rapporto myo-Ins/D-chiro-Ins nelle ovaie può spiegare la patogenesi della PCOS nei pazienti insulino-resistenti. Evidenze a supporto di questa teoria sono state fornite da due studi. Nel primo, gli autori analizzarono l’attività dell’epimerasi e la quantità di myo-Ins e D-chiro-Ins nelle cellule della teca di pazienti con PCOS [57], mentre nel secondo, Unfer e i suoi collaboratori, studiarono le concentrazioni dei due inositoli nel fluido follicolare (FF) di donne sane e affette da PCOS [33].

Entrambi gli studi giunsero alle stesse conclusioni. In particolare, le ovaie di donne sane presentavano delle concentrazioni più alte di myo-Ins e più basse di D-chiro-Ins; invece, le ovaie delle pazienti con PCOS mostravano uno scenario opposto, con una significativa deplezione di myo-Ins e una alta quantità di D-chiro-Ins. Se da una parte queste alte concentrazioni di D-chiro-Ins inducono la sintesi e l’accumulo di androgeni [64, 71], dall’altro lato la carenza di myo-Ins compromette la via di segnalazione dell’FSH e la qualità dell’ovocita. In generale, queste sono le principali caratteristiche fenotipiche del quadro clinico della PCOS.
Chiu fu il primo a osservare una correlazione positiva tra le alte concentrazioni di myo-Ins nel FF e la migliore qualità dell’oocita [168]. Questa evidenza, infatti, lo indussero a pronunciarsi sul fatto che più alti livelli di myo-Ins nel FF fossero collegati al benessere del follicolo ma anche dell’ovocita e dell’embrione [168]. Lo stesso autore suggerì che la maturazione meiotica e il successivo sviluppo dell’ovocita potrebbe essere migliorato dalla disponibilità di myo-Ins [169]. Quindi, se il myo-Ins da una parte può essere un fattore predittivo di buona qualità dell’oocita e della sua maturazione, alte concentrazioni di D-chiro-Ins lo danneggiano. Lo studio di Ravenos e colleghi, confermò l’importanza dei ruoli differenti esercitati da myo-Ins e D-chiro-Ins, trovando a sua volta una correlazione tra il rapporto myo-Ins/D-chiro-Ins nel FF e la qualità della blastocisti. Il valore di questo rapporto che era compreso tra 100:1 e 70:1 in favore del myo-Ins poteva rappresentare non solo un nuovo biomarcatore per la valutazione della qualità delle blastocisti ma anche un fattore prognostico per l’impianto dell’embrione e il successo della gravidanza [69].

Al di là delle alterazioni metaboliche, la carenza di myo-Ins potrebbe esporre i pazienti a diverse condizioni neuropatologiche e psichiatriche, incluso l’Alzheimer e il Parkinson, ma anche la sclerosi laterale amiotrofica e la depressione, suggerendo un ruolo protettivo del myo-Ins in differenti disturbi neurodegenerativi e neurologici [170]. Inoltre, una carenza di myo-Ins potrebbe influenzare negativamente lo sviluppo fisiologico del feto, predisponendo il neonato a esiti sfavorevoli, come i difetti del tubo neurale (NTD) [171]. Infatti, studi eseguiti sugli embrioni di modelli murini hanno mostrato che la carenza di inositolo ha causato NTD cranici negli embrioni in coltura [172-174], indicando un ruolo cruciale dell’inositolo anche nella chiusura del tubo neurale. Anche nell’uomo, concentrazioni sieriche più basse di myo-Ins sono state riscontrare in madri con bambini con la spina bifida [175], suggerendo una possibile associazione predisponente. Inoltre, l’inositolo promuove la maturazione di diversi componenti del surfactante polmonare, e quindi potrebbe svolgere un ruolo cruciale anche nella vita fetale e neonatale precoce. Un calo dei livelli di myo-Ins nei bambini con sindrome da distress respiratorio (RDS), infatti, può rappresentare un’avvisaglia che la patologia sarà severa [176]. In aggiunta, per il suo ruolo di secondo messaggero dell’ormone stimolante la tiroide (TSH), la deplezione di myo-Ins è anche associato a condizioni di ipotiroidismo e disfunzioni tiroidee [177].

In ultimo, è importante sottolineare che alterazioni delle concentrazioni di inositolo possono dipendere dall’assunzione di farmaci e in particolare di antiepilettici (AED) come il valproato e la carbomazepina, o farmaci per il trattamento del disturbo bipolare, come il litio. La deplezione periferica di myo-Ins e di conseguenza anche del D-chiro-Ins, causata dall’assunzione cronica di queste sostanze, può indurre sintomi correlati alla PCOS, come uno squilibrio endocrino e metabolico tipicamente correlato all’alterazione del metabolismo degli inositoli in questi pazienti [178].

Su queste premesse, si può capire come livelli alterati di inositolo (o del suo metabolismo) incidono sui disordini riproduttivi, ormonali, metabolici e neurologici. Perciò, sulla base dei ruoli fisiologici degli inositoli e le implicazioni patologiche di un’alterazione del rapporto myo-Ins/D-chiro-Ins, il trattamento con inositoli dovrebbe essere prescritto con due scopi differenti: da una parte per ripristinare il rapporto fisiologico degli inositoli e dall’altra per modificare questo rapporto in modo controllato per ottenere così specifici risultati.

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